Ogni tanto, quando stavo al liceo, marinavo la scuola per andare ad assistere a qualche discussione penale di mio padre.
All’epoca non c’erano controlli all’entrata del tribunale.
Quando mio padre indossava la sua toga magica mi appariva come un guerriero pronto alla battaglia.
Quel pezzo di stoffa nera era magico. Era l’alta uniforme dell’avvocato, era un segno distintivo di appartenenza, era la corazza morale del guerriero. E io ne rimanevo incantato. In quel contesto mio padre mi pareva un’altra identità, percepivo in lui tutta la sacralità del suo nobile ruolo e quella toga rendeva affascinante il suo gesticolare e la sua mimica.
I ricordi più nitidi della mia adolescenza sono legati proprio a quei momenti nei quali un genitore trasmette al figlio sensazioni fantastiche, del tutto irripetibili.
Quando feci il giuramento di avvocato indossai per la prima e ultima volta la toga di mio padre.
Quando la indossai rimasi come paralizzato dalla forte emozione. Quella toga era stata la vera pelle di mio padre.
Non capisco perché la toga dell’avvocato stia uscendo lentamente di scena da alcuni settori forensi.
Per chi esercita la professione di avvocato con passione la toga è qualcosa di sacro, qualcosa da indossare con onore e con amore.
È l’essenza del nostro essere avvocati.
Avv. Gian Ettore Gassani