L’affidamento condiviso è stato introdotto nel nostro sistema giuridico-giudiziario con la Legge 54/06, meglio nota come Legge Paniz.
E’ assolutamente indubbio che tale istituto abbia rappresentato una vera e propria rivoluzione nel nostro diritto di famiglia e minorile.
L’affidamento condiviso (Joint custody) mira a salvaguardare il valore della bi genitorialità, cioè il diritto di ogni bambino di mantenere rapporti costanti e significativi con entrambe le figure genitoriali.
Nel nostro Paese, fino al 2006, vigeva il principio prevalente della monogenitorialità che si realizzava attraversa l’affidamento esclusivo dei figli ad un solo genitore (quasi sempre le madri).
E’ evidente che la figura paterna, almeno fino al 2006, sia stata sottovalutata ingiustamente, senza motivo e in palese contrasto con i principi costituzionali.
Da tre anni l’istituto dell’affidamento condiviso, seppure a fatica e con evidenti lacune, abbia prodotto effetti positivi.
L’affidamento condiviso, infatti, viene considerato la regola, mentre quello esclusivo sia ormai soltanto una residuale eccezione.
Tuttavia si registrano ancora molte resistenze tra gli addetti ai lavori, soprattutto fra coloro che vorrebbero ripristinare in modo malcelato il vecchio istituto dell’affidamento esclusivo.
I matrimonialisti (o familiaristi), nella loro maggioranza, sono invece orientati a conferire maggiore significato all’affidamento condiviso, valutando l’ipotesi di garantire ai figli il maggior tempo possibile di stare con entrambi i genitori anche a seguito di una separazione, divorzio o fine di una convivenza.
Oggi, infatti, al di là dell’enunciazione di principio che è data dall’applicazione dell’istituto dell’affidamento condiviso, molti padri, di fatto, hanno pochi spazi temporali per stare con i propri figli.
Il Giudice, infatti, già all’udienza presidenziale, sceglie il genitore presso cui i figli vivranno stabilmente (sempre la madre, salvo rare eccezioni) e limita certamente il ruolo educativo ed affettivo del padre.
In sostanza, a tutt’oggi, questo istituto resta ancora una scatola vuota che deve essere riempita di significativi contenuti.
La strada è ancora lunga, ma l’AMI (Associazione Matrimonialisti Italiani) sarà in prima linea affinché ogni sorta di discriminazione contro i padri (e i figli) sia eliminata definitivamente.
E’ arcinoto, infatti, che dietro un affidamento esclusivo o condiviso (con collocazione stabile presso uno solo dei genitori) si annidano interessi economici e non solo (assegnazione della casa coniugale e contributo al mantenimento).
Purtroppo i figli restano tristemente ancora “merce di scambio” o terreno di vendette e rivendicazione.
Occorre far capire alla gente che i figli non sono proprietà di nessuno. Essi sono titolari di diritti soggettivi. Sono persone con i loro sentimenti. Nessuno può “usarli o “strumentalizzarli”.
Tantomeno i loro genitori.
C’è ancora molto da fare. Fatta la legge occorre costruire le coscienze civili e un novo modo di essere avvocati e magistrati.
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