L’epiteto “rovina famiglie” non costituisce offesa. La quinta sezione penale della Cassazione assolve dal reato di ingiurie un marito tradito dalla moglie che nel 2004 per strada apostrofò l’amante.
Via libera agli sfoghi contro gli amanti. La licenza arriva dalla Cassazione che sottolinea come il coniuge tradito possa rivalersi sul rivale dandogli del “rovina famiglie”. L’epiteto, infatti, non costituisce offesa. In questo modo la quinta sezione penale (sentenza 31177) ha convalidato l’assoluzione dal reato di ingiurie nei confronti di un marito tradito dalla moglie.
Il marito tradito incontrando per strada l’amante della moglie gli aveva dato del “rovina famiglie”. Denunciato, veniva assolto prima dal giudice di pace (novembre 2006) e poi dal tribunale di Parma nel gennaio 2008. Contro l’assoluzione l’amante ha fatto ricorso in Cassazione essendosi sentito ingiuriato dall’epiteto.
Piazza Cavour ha respinto il ricorso e ha evidenziato che il marito tradito non ha commesso alcun reato avendo risposto per un ”fatto ingiusto subito in quanto contrastante con l’obbligo di fedeltà reciproca, obbligo che permane fino a che non sia intervenuta pronuncia di separazione”. Il fatto poi che la relazione extraconiugale si fosse instaurata solo in seguito alla separazione ”non esclude affatto che i relativi prodromi -dice la Suprema Corte- si fossero manifestati in epoca antecedente e che proprio ciò avesse dato causa alla separazione visto che la relazione tra la donna e l’amante aveva avuto inizio nell’aprile del 2004” proprio nella stessa epoca della separazione”. Quindi, concludono gli “ermellini”, il marito tradito dando del “rovina famiglie” al rivale ”poteva essere giunto alla conclusione che la separazione fosse stata dovuta a comportamenti contrastanti con l’obbligo di fedeltà”.
LA REPUPPLICA