La madre che impedisce l’affidamento temporaneo del bimbo al papà, nei giorni e nelle ore stabilite dal giudice civile, non incorre in alcuna responsabilità penale se giustifica il suo contegno con l’esigenza di aver voluto tutelare la salute del minore. Bene prevalente, la cui difesa può proteggere la mamma da eventuali accuse di aver eluso l’esecuzione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria (articolo 388, secondo comma, Cp).
Il caso
È quanto emerge dalla sentenza 736/10 con cui la Cassazione ha annullato con rinvio la condanna di una madre che aveva impedito all’ex di vedere il figlio per tutelare lo stato di salute del ragazzino, molto cagionevole. I giudici del merito, infatti, avevano affermato la responsabilità della donna sulla base delle dichiarazioni dibattimentali del padre secondo le quali, in più occasioni, l’ex moglie si era rifiutata di consegnargli il bimbo nei termini stabiliti dal giudice civile “adducendo come scusa il fatto che lo stesso era ammalato”. Ma la Suprema corte è stata di diverso avvio, perché ha ritenuto che i colleghi del merito non hanno accertato il configurarsi o meno di eventuali situazioni suscettibili di ricondurre la condotta antigiuridica della donna nell’area di una causa giustificativa (stato di necessità o altra scriminante putativa) in rapporto “all’asserita esigenza di tutelare l’effettivo interesse del bambino, piuttosto che coltivare il proposito di vulnerare quello del marito a frequentarlo nei modi previsti in sede di separazione”.
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